Mostre, fiere e eventi in corso per stare al passo con l’attuale scena fotografica.
Di Chiara Filipponi
Si è conclusa lo scorso mese MIA photo fair, la fiera, ideata e diretta da Fabio e Lorenza Castelli, quest’anno ha presentato una selezione di 85 gallerie, di cui un terzo internazionali, e 50 espositori tra editoria e progetti speciali, confermandosi non solo un punto di incontro per la fotografia internazionale in Italia, ma anche una piattaforma creativa in grado di dare vita a sinergie tra realtà locali ed internazionali.
Tra i temi principali affrontati durante la fiera, la relazione con la natura da una parte, e quella con la scienza dall’altra: quest’ultima affrontata nel programma culturale della Fiera con incontri organizzati in collaborazione con l’Università San Raffaele di Milano, volti ad indagare natura e potenzialità della neuroscienza e della neuro-estetica.
Molti gli artisti emergenti e indipendenti presenti in fiera: abbiamo rivisto sezioni già collaudate come Proposta MIA, e Codice MiA, letture portfolio per i fotografi mid-career fino alla nuova proposta di questa edizione, in collaborazione con Photo Independent, la fiera di fotografia di Los Angeles, che ha visto una selezione dei più interessanti autori indipendenti sulla scena. Un’esplorazione a tutto tondo sulle possibilità espressive della fotografia che vada oltre l’uso in senso stretto del mezzo fotografico.
Il vincitore del Premio BNL Gruppo BNP Paribas della nona edizione di MIA Photo Fair 2019 è stato Liu Bolin, con l’opera Mosé, San Pietro in Vincoli (2018) presentata dalla Galleria Boxart di Verona.
Le motivazioni espresse dalla giuria di esperti: “Liu Bolin, nato nel 1973 nella provincia cinese dello Shandong, conosciuto in tutto il mondo come “artista camaleonte” che si mimetizza nel paesaggio come soggetto delle sue fotografie, ha dedicato una delle sue ultime serie all’Italia, patria delle più belle opere al mondo, monumenti storici e artisti del rilievo di Michelangelo, Leonardo e Caravaggio. Liu Bolin ha scelto come soggetto fotografico di questa serie i monumenti simbolo della storia dell’arte italiana. Mosè, San Pietro in Vincoli fa da sfondo alla sagoma dell’artista, mimetizzato di fronte all’imponente statua, risaltandone i sublimi dettagli scultorei e i giochi di luci e ombre che sottolineano l’impareggiabile capacità artistica di Michelangelo”.
Luca Coclite, Rania Matar, Irene Kung, Jojakim Cortis & Adrian Sonderegger, Denis Félix, Sofia Uslenghi, Rune Guneriussen (quest’ultimo ha firmato la locandina di questa edizione del MIA), Sonac, Patricio Reig, Giulio Di Sturco, Diego Ibarra Sànchez, Silvia Papa, Dafna Talmor e Katerina Belkina, 15 gli artisti in finale. L’opera di Bolin sarà acquisita da BNL e andrà ad arricchire il patrimonio artistico della Banca che, ad oggi, conta 5mila opere tra cui figurano capolavori dell’arte classica e moderna, nonché contemporanea. “La partecipazione come main sponsor a MIA Photo Fair”, un impegno che si protrae ormai da otto anni, “ci ha permesso di raccogliere una collezione ormai diventata cospicua”, ha spiegato Anna Boccaccio, Responsabile delle Relazioni Istituzionali del gruppo BNP Paribas.
È iniziata lo scorso 12 aprile e sarà aperta fino al 9 giugno 2019, la quattordicesima edizione di Fotografia Europea, il festival che ha fatto di Reggio Emilia un punto di riferimento della fotografia a livello italiano e internazionale. Un appuntamento ormai molto atteso anche dal grande pubblico, attraverso il quale la città emiliana ospita opere di artisti storicizzati e talenti ancora da scoprire, cogliendo l’occasione per aprire le porte dei suoi più bei palazzi storici.
Il tema di quest’anno è “LEGAMI. Intimità, relazioni, nuovi mondi”: un argomento che va dal microscopico al macroscopico, assumendo una declinazione intima e sentimentale o politica, su cambiamenti demografici e migrazioni dei popoli. A confermare il respiro internazionale della manifestazione, il festival emiliano sceglie quest’anno il Giappone come “terra da esplorare”, attraverso l’occhio fotografico degli autori invitati e come tramite di scambio umano e artistico. Tutto a ciò a conferma dell’interesse nutrito da parte del mondo fotografico italiano nei confronti di quello orientale, come manifestato anche al MIA di Milano dove si è posto l’accento sulla fotografia della Corea del Sud.
Si è conclusa da poco, negli spazi CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia a Torino, un’interessante mostra curata da Germano Celant dal titolo “SANDY SKOGLUND. VISIONI IBRIDE”, prima antologica dell’artista statunitense Sandy Skoglund. Quest’ultima è una pioniera e indiscussa protagonista della Staged Photography, filone di ricerca affermatosi negli anni Ottanta e incentrato sulla riproduzione fotografica di scene immaginarie allestite o ricostruite artificialmente.
La mostra ha riunito i lavori che vanno dagli esordi nei primi anni Settanta all’ancora inedita opera “Winter”, alla quale l’artista ha lavorato per oltre dieci anni. Fulcro dell’esposizione sono state proprio queste immagini e alcune delle sculture create per l’installazione da cui è stata tratta la fotografia.
Oltre cento lavori tra immagini, quasi tutte di grande formato, e sculture. Dalle fotografie degli anni ’70 alle grandi composizioni dei primi anni Ottanta, che hanno dato all’artista fama internazionale come “Radioactive cats” e “Revenge of the goldfish” del 1981, autentiche icone del periodo, rivisitazioni surreali e stranianti di ambienti famigliari dai colori improbabili, invasi da gatti verdi e pesci volanti.
“Piuttosto che una fotografa, una scultrice o una pittrice, sono una creatrice di immagini”
Sandy Skoglund
Ancora in corso invece la mostra che vede protagoniste le immagini di Inge Morath a Cà dei Carraresi.
La retrospettiva offre ai visitatori un’ampia panoramica, in oltre centocinquanta scatti, della vita e della carriera della fotografa che iniziò il suo percorso all’inizio degli Anni Cinquanta con un reportage a Londra e successivamente a Venezia, apprendendo le basi del mestiere grazie a un percorso formativo oltremanica, sotto la guida di Simon Guttmann. Grazie all’osservazione e all’intuizione, elementi fondamentali del mestiere, a un particolare senso di percezione della luce, alla sua Leica e al suo sguardo, che determina una prospettiva originale sulle cose, l’espressione fotografica di Morath sarebbe divenuta peculiare e unica.
Di fondamentale importanza per la sua evoluzione professionale gli incontri con personalità eminenti nel campo, come Ernst Haas, Robert Capa e Henri Cartier-Bresson. Risale al 1953 l’ingresso come membro associato nell’agenzia Magnum, di cui divenne nel 1955 membro effettivo, prima donna a farne parte.
Le sezioni in cui è suddivisa la mostra ripercorrono le tappe dei suoi principali reportage ‒ Venezia, Londra e il Regno Unito, Spagna, Iran, Stati Uniti, Francia, Cina, Romania, Russia, Austria, Irlanda ‒ mentre le ultime due sono dedicate al progetto Masks, del 1966, ai lavori del disegnatore Saul Steinberg e ai ritratti.
Attraverso questo suggestivo percorso espositivo, sarà possibile desumere un ritratto professionale e umano alquanto preciso della protagonista, dal carattere fermo e concreto, coerentemente centrato nella quotidianità quanto abile nel coglierne le sfumature, nel ravvisare il saldo legame esistente fra gli esseri umani e il loro contesto vitale, come a ricercare l’aspetto surreale degli accadimenti, l’interpretazione ironica dei fatti.
Cà dei Carraresi, Treviso
Aperta fino al 9 giugno 2019
Dal martedì al venerdì: 09-18
Sabato, domenica, festivi: 10-20