La street art… imbratta
Di Marina Isaia
Ivan Tresoldi è uno street artist italiano che è stato condannato da un giudice milanese per i suoi versi scritti sul muro di fronte alla biblioteca Bicocca, comparsi a Milano tra il 2011 e il 2014.
La condanna è stata quella a pagare 500 euro di multa (pena sospesa).
Il poeta di strada era stato denunciato da un gruppo di guardie ecologiche ed in verità, in sede di interrogatorio, lui stesso si era autodenunciato, esibendo una ventina di foto dei suoi interventi sui muri della città dichiarando: “non deturpo, sono un artista”.
Ma il giudice monocratico milanese Dott. Roberto Crepaldi è stato di avviso diverso (si pubblicano stralci della sentenza).
Anche se di «natura artistica», le opere dipinte sui muri senza consenso del proprietario, come le poesie sui muri di Milano realizzate dallo `street artist´, costituiscono comunque un «imbrattamento». Lo scrive il magistrato nelle motivazioni della sentenza emessa a chiusura del procedimento penale nel quale Aler e Comune di Milano si sono costituiti parti civili.
In sostanza, il magistrato, ha messo sullo stesso piano il diritto alla «libertà artistica», sancito dall’articolo 33 della Costituzione, e quello alla «proprietà»: «solo il proprietario (o possessore, se diverso) – si legge nella sentenza – è legittimato a decidere quale sia l’aspetto estetico del bene».
Con la conseguenza, continua il ragionamento del magistrato, che «qualsiasi alterazione della nettezza e dell’estetica stabilita dal proprietario lede tale diritto e comporta un danno al patrimonio di quest’ultimo». Nelle motivazioni, il giudice non entra nel merito della natura artistica delle opere di Tresoldi e sostiene che per un magistrato è «impossibile» distinguere «l’espressione artistica da ciò che non lo è» o «stabilire i criteri in base ai quali un soggetto possa definirsi artista». Nel contempo, però, il giudice spiega che «affinché possano ritenersi integrati gli estremi di un imbrattamento non è necessario che il risultato finale susciti ribrezzo negli altri», né può ritenersi che «l’apprezzamento della comunità artistica e un eventuale giudizio ex post favorevole delle istituzioni pubbliche o di alcuni residenti escludano gli estremi oggettivi del reato».
Per il giudice, che cita la Corte Costituzionale, il «diritto alla manifestazione del pensiero non può essere ampliato fino a ricomprendere la facoltà di tutti i cittadini di divulgare il proprio pensiero, anche artistico, a tutti i costi, anche a discapito dell’altrui proprietà».