CASI GIUDIZIARI NEL MONDO DELL’ARTE
Di Marina Isaia
Il 6 agosto di quest’anno a Taormina è stato sfregiato il murale dedicato alla capitana della Sea Watch Carola Rackete: un murale raffigurante Carola Rackete intitolato “Santa Carola protettrice dei rifugiati”, ad opera di Tvboy – artista palermitano con sede a Barcellona – già conosciuto per il suo recente lavoro, il murale del celebre bacio al veleno tra Di Maio – Salvini. In un’intervista egli ha affermato che l’idea per la realizzazione è nata dal ringraziamento del Ministro degli Interni alla “Beata Vergine Maria”.
Appena due giorni dopo la sua inaugurazione è stato violentemente deturpato: sia il volto di “Madonna Carola”, sia quello del bambino africano che teneva in braccio, con tanto di giubbotto salvagente e cassetta di primo soccorso, sono stati oscurati con una bomboletta spray di colore nero.
Autore del gesto un esponente della Lega di Taormina, l’avvocato Giuseppe Perdichizzi, che se ne è poi vantato lasciando un biglietto con la scritta “Noi stiamo con lo Stato Italiano, con la Guardia di Finanza. Gli assassini in galera. Prima l’Italia e gli italiani. Grazie Matteo”.
Ma lasciando perdere la politica ci si chiede: è possibile vandalizzare un’opera d’arte, rappresentata su di un muro, in assenza di autorizzazione del proprietario del muro? Questa domanda, però, ne presuppone un’altra: chi è il proprietario dell’opera?
Le risposte, codice civile alla mano, sono diverse: l’opera può essere del proprietario del muro, dell’artista o della collettività.
L’art. 934 del codice civile stabilisce che qualunque opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo stesso. Certo parliamo di una disposizione normativa concepita nel 1942, pensata per i fondi e non certo per le opere di street art … comunque potremmo ritenere che l’opera realizzata sul muro sia del proprietario del muro stesso.
L’art. 936 prevede però che quando l’opera è realizzata da un terzo “con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerla o di obbligare colui che l’ha fatta a levarla”. Il medesimo articolo contiene poi due vie alternative: il proprietario decide di mantenere l’opera, a condizione che paghi il valore dei materiali, il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore arrecato al bene; oppure il proprietario può chiedere che l’opera sia tolta, a spese di chi l’ha realizzata, salvo l’eventuale risarcimento del danno.
Vi è poi un’ulteriore possibilità che l’artista voglia “regalare” l’opera al proprietario del muro, che diverrebbe proprietario anche dell’opera per donazione.
Ciò dal punto di vista civilistico.
Da un punto di vista penalistico, invece, si potrebbe ipotizzare il reato di deturpamento, di cui all’art. 639 del codice penale, reato talvolta utilizzato da alcuni tribunali italiani per le opere di arte urbana. Si tratterebbe comunque di un reato perseguibile a querela di parte: in buona sostanza, potrebbe agire il proprietario del muro, non uno zelante attivista leghista.
Se io fossi il proprietario del muro probabilmente, querelerei l’esponente leghista per il danno all’opera e non al muro, perché non avrei dubbi sulla sussistenza del reato di deturpamento, attesa la lesione estetica all’opera d’arte, e gli domanderei anche un risarcimento del danno così, forse, i militanti politici e gli imbrattatori di opere d’arte ci penserebbero, non una ma dieci volte, prima di compiere un gesto simile.
È evidente che la ns. normativa è piuttosto datata, servirebbe un intervento legislativo, che possa preservare le opere della street art.