Di Gino Colla
Il presente articolo avrà un seguito mensile e nasce dalla lettura del libro di Pratesi, Perché l’Italia non ama più l’arte contemporanea, Castelvecchi, 2017, e dalla visita che ho fatto a fine anno della mostra Time is out of joint (Il tempo è finito), presso la Galleria d’arte Moderna Nazionale di Roma.
Il tema generale è abbastanza intuibile, e cioè che dalla Biennale di Venezia, iniziata nel 1895 e proprio dall’apertura del Museo sopraindicato di Roma nel 1893, l’attenzione che aveva un riscontro di pubblico internazionale, per l’arte contemporanea, è andato in Italia via via scemando, con motivazioni diverse, che in questa sede vorremmo esaminare, al fine di proporre qualche spiraglio positivo.
In primis la mostra in questione rivitalizza lo stabile realizzato nel 1911 da Cesare Bazzani per l’Esposizione Universale di Roma dello stesso anno. Le opere, scelte nella collezione del museo di circa 20 mila pezzi, con acquisti fatti soprattutto nel periodo 1944 al 1975, con la direzione di Palma Bucarelli. Va citata la ex direttrice, che ha proposto mostre quali ad esempio di Pablo Picasso (1953) e la prima retrospettiva in Europa di Jackson Pollock (1958). Certamente erano anni in cui il pubblico aveva altre disponibilità e attenzione alla cultura, ma le intuizioni dell’allora direttrice sono sicuramente da ricordare. Tra questi acquisti, nel 1967, viene acquisita l’opera 32 mq di mare circa di Pascali (foto), che ancor oggi esposta in una grande sala. Con l’avvento del Ministero dei Beni Culturali, nel 1974, comincia l’abbandono degli acquisti sul mercato e l’attenzione per il contemporaneo. Una riflessione che riprenderemo è come potrà il privato sopperire al pubblico in futuro.
Tornando alla mostra attuale, curata dall’attuale direttrice Cristiana Collu, una dei 20 grandi direttori nominati da Franceschini, è caratterizzata dall’ incontro virtuoso tra opere di epoche diverse, anche nelle stesse sale (ad esempio l’Ercole del Canova, con i Bachi da setola di Pascali) (foto).Proprio queste intersezioni, da cui, il titolo, che attraversano il tempo e suggeriscono molti agganci culturali (ad esempio la resa del movimento o gli inganni del vedere, come in Pistoletto), determinano interesse e stimoli sempre nuovi.
All’uscita ci aspetta la grande scultura di Mauro Staccioli (un Arco spettacolare, in foto), che ricordiamo anche perché è mancato ad 80 anni proprio il primo gennaio 2018. Nella sua opera, di arte condivisa e ambientale, ricordiamo anche il Muro alla Biennale di Venezia, e che sarà aggancio per il prossimo articolo su questa newsletter. Intanto una prima provocazione: quanto conta un direttore preparato e giovane come la Collu per rilanciare l’arte contemporanea in Italia? In base alla attuale mostra, conta moltissimo…
Alla prossima puntata, e ancora Buon Anno… insieme a On Art.