Di Chiara Filipponi
Ancora una falla nel sistema di sicurezza di un museo francese. Ancora un furto che ha dell’incredibile. A pochi mesi dalla sparizione dal Musée des Beaux-arts di Béziers, città nel sud della Francia, dell’opera Composizione con autoritratto di Giorgio de Chirico, sottratto al museo in pieno giorno utilizzando un semplice taglierino, la polizia francese denuncia un nuovo furto con le stesse clamorose modalità. Si tratta de Le Port de la Rochelle di Paul Signac, del valore di un milione e mezzo di euro rubato dal Musée des beaux-arts di Nancy. (tratto da Artribune, 31 maggio 2018)
L’opera, il cui valore supera il milione e mezzo di euro, è di proprietà della città di Nancy. Fu donata dalla vedova del collezionista Henri Galilée che, nel 1965, ha lasciato in eredità al museo una collezione di 117 opere d’arte. Tra queste, l’opera di Signac è indubbiamente una delle più prestigiose. Dipinta seguendo le regole del puntinismo, di cui l’artista francese è stato ideatore e massimo rappresentante insieme al suo maestro Georges Seurat, l’opera risale al periodo in cui Signac si era trasferito ad Antibes, ammaliato dalla luce del sud della Francia e qui era rimasto fino alla fine della prima guerra mondiale. Anni di lavoro intenso ma anche dominati dal profondo disincanto che segnerà la vita dell’artista nell’ultima parte della sua vita.
Il quadro è stata sottratto dal museo da un ladro che si è introdotto durante l’orario d’apertura il quale ha utilizzato un taglierino per staccare la tela dalla cornice e, una volta compiuta l’operazione, si è volatilizzato portando l’opera con sé. L’autore del furto è entrato nell’edificio attraverso l’ingresso principale per poi, secondo la ricostruzione della polizia francese, nascondersi nel museo fino all’orario di chiusura. A quel punto si è mosso indisturbato. Nessun allarme è scattato né il guardiano notturno del museo si è accorto di nulla. Una volta rubato il quadro, il ladro è uscito dalla struttura senza incontrare ostacoli. Il personale si è accorto di quello che era successo soltanto il giorno dopo. Come nel caso dell’opera di De Chirico, anche stavolta il furto, che è avvenuto il 24 maggio, è stato reso noto con alcuni giorni di ritardo dalla polizia francese che ha ammesso che il sistema di sicurezza del museo non è entrato in funzione, forse perché spento oppure difettoso.
Il furto dell’opera di Signac ha scatenato, come prevedibile, numerose polemiche sui sistemi di sicurezza dei musei francesi. Solo pochi mesi fa è avvenuto il furto dell’opera “Composizione con autoritratto” di Giorgio de Chirico, considerata di valore inestimabile. Il furto è avvenuto secondo una modalità molto simile a quella usata per trafugare l’opera di Signac. È stato un custode del Musée des Beaux-arts di Béziers a scoprire, dopo l’orario di chiusura, che l’opera era stata sottratta. Un furto definito “chirurgico” dai media d’oltralpe per la modalità con cui la tela è stata staccata dalla cornice e che fa pensare ad una rapina su commissione.
Adesso ci si domanda come sia possibile sottrarre opere di così grande valore da musei di dimensioni limitate, durante l’orario di apertura, e soprattutto come sia possibile che i ladri abbiano potuto agire indisturbati. La storia tuttavia ci ricorda dei tantissimi furti subiti dai musei di tutto il mondo: basti pensare all’uomo che rubò la Gioconda, nel 1911, recuperata due anni dopo, al furto al museo di Oslo dell’Urlo di Munch nel 2004, o alla Natività del Caravaggio trafugata a Palermo e mai più ritrovata. Tutte opere dal valore artistico inestimabile e soprattutto dal grande valore economico, difficili da vendere in patria o all’estero. Viene quindi da pensare che si tratti di furti su commissione, operati su richiesta di collezionisti potenti e avidi, interessati solo a possedere questi capolavori divenuti anche simboli nazionali.
Cosa si può fare a riguardo? Innanzitutto assicurarsi che i sistemi di sorveglianza funzionino. Questi devono rispondere alle più esigenti richieste ed essere sofisticati a tal punto da risultare (quasi) inattaccabili. In secondo luogo, occorre avere personale adeguato per la vigilanza e, nel caso in cui tutto questo non dovesse bastare, squadre della polizia altamente specializzate nel recupero dei capolavori trafugati. Sembrano tutte cose scontate, ma non è così. Anche nel 2018 dove tutto è digitale e controllato da sofisticati sistemi virtuali, esistono ancora musei privi di allarmi. Sarà forse il momento di stare più al passo con i tempi? Sbagliando si impara. Dicono…